La vita di un uomo pubblico, e soprattutto di un politico, lo si intuisce facilmente, può essere molto stressante e faticosa: viaggi all'estero, conferenze stampe, convegni, sedute parlamentari a volte interminabili, congressi politici, incontri con gli elettori, riunioni politiche, e quant'altro. Con l'inevitabile conseguenza, che non è difficile immaginare, che giunti ad un'età più che matura diventa molto difficile, dal punto fisico, riuscire a fronteggiare tutti questi molteplici impegni.
E' facile allora intuire che la scelta che si pone  è tra l'abbandono della vita politica pubblica per più tranquille occupazioni domestiche oppure il ricorso a qualche sostanza chimica che possa, almeno illusoriamente, ridonare quanto meno in parte il vigore degli anni giovanili.
Se però questo rimedio viene individuato nell'utilizzo di una qualche sostanza stupefacente, non ricompresa nella farmacopea ufficiale né italiana e né straniera, quale potrebbe essere, ad esempio, la cocaina, la persona che ritiene di doversene servire non potrebbe parimenti negare di aver acquisito la qualifica di tossicomane; cioè di essere un soggetto che, per i motivi più disparati e sia pure apprezzabili, fa personalmente uso di sostanze stupefacenti a scopo non terapeutico.
A questo punto è legittimo porsi un primo quesito e cioè se l'utilizzo delle sostanze stupefacenti debba essere considerato accettabile in presenza di certe circostanze ed inaccettabile in altre circostanze, oppure se debba sempre essere considerato inaccettabile tout court.
Ma indipendentemente dalla risposta che si voglia dare a questo quesito è lecito domandarsi quale elevato contributo personale possa mai offrire un tossicomane alla dialettica del consesso parlamentare nazionale.
Se la risposta a tale ultima domanda fosse positiva, allora bisognerebbe tessere l'elogio degli stupefacenti ed auspicare una loro ampia diffusione tra la popolazione, come mezzo ideale per raggiungere più alte vette di pensiero e di rendimento; ma nel caso che la risposta fosse negativa, verrebbe spontaneo chiedersi perché mai un tossicodipendente che siede in Parlamento, peraltro non perché scelto dalla libera volontà degli elettori, ma per cooptazione diretta, e che viene lautamente stipendiato con danaro pubblico, non si debba dimettere dall'incarico privando in tal modo il Parlamento della presenza di un tossicomane?
In altre parole, non si comprende bene perché il giovane studente milanese che fa uso di sostanze stupefacenti a scopo non terapeutico debba essere segnalato ai servizi sociali per tentare la strada della sua disintossicazione, mentre il Senatore che fa la stessa cosa debba essere considerato invece un degno rappresentante della Nazione ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione." Art. 67 della Costituzione).
Parecchi anni fa si gridò allo scandalo perché una nota porno attrice fu eletta in Parlamento, ma non vi era stata ancora la stagione di tangentopoli, forse oggi, all'indomani di essa, si pensa, come recentemente ha scritto su un noto Quotidiano un illustre Politico, che in fondo è meglio un parlamentare tossicomane che non uno ladro?
(scritto il 12/12/2003)