con la collaborazione di Pasqualina Verolino

Felici coloro che si divertono con questioni
che educano l’anima ed elevano lo spirito
(Fenelon)

- Napoli, ottobre 2003 -

Le origini
  
 La nascita degli scacchi si perde nella notte dei tempi ed è avvolta da un velo di mistero, fatto di miti e leggende di popoli diversi e lontani. Alcuni ritrovamenti archeologici, avvenuti ad Ur in Mesopotamia, testimoniano l’esistenza di tavolieri, databili attorno al 2300 a.C., con caselle e pedine in tutto simili al nostro gioco. Al Museo Egizio di Torino viene conservata una ‘scacchiera’ risalente a 3400 anni fa. In India si sono avuti altri ritrovamenti, come pure in Arabia, in Cina: tutti raffigurano l’antagonismo tra luce e tenebra, tra bene e male, tra due eserciti contrapposti, il Bianco ed il Nero.
  
 • La leggenda indiana
  
 Gli scacchi come gioco di guerra con la presenza di due schiere opposte, con figure diverse rappresentate in caste, denotano chiaramente il forte influsso della società indiana. E proprio l’India è stata la culla di una leggenda assai famosa. Essa narra di un ricchissimo re, Iadava, che, dolente per la morte del figlio in battaglia, trascorreva i giorni nel dolore e nel rimpianto, tornando sempre con il ricordo ai tragici momenti che avevano determinato la prematura scomparsa del figlio. Tutti gli affari del regno venivano trascurati ed i dignitari di corte non sapevano più cosa fare per risollevare il re e rendere nuovamente piacevoli le sue giornate. Questa situazione durò fin quando non arrivò alla reggia il giovane bramino Sessa, il quale portò in dono al re il nuovo gioco degli scacchi. Tale gioco appassionò talmente il re, che arrivò a promettere a Sessa qualunque ricompensa desiderasse. Sessa chiese allora un chicco di grano per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via, raddoppiando sempre fino alla sessantaquattresima casella della scacchiera. Re Iadava, sorpreso da una tanto singolare richiesta, acconsentì di buon grado, ma quando i suoi ministri ebbero fatto il calcolo, si accorse che non solo non sarebbero stati sufficienti tutti i granai del regno, ma anzi non sarebbe bastato coltivare più volte l’intera superficie della Terra per ottenere la quantità di grano necessaria!
 Infatti, un semplice calcolo, illustrato in qualche dettaglio in Appendice, mostra che il numero di chicchi di grano richiesto è pari a
  
 2^64 – 1 = 835919245474712551424 .
  
 Nel nuovo gioco i pedoni rappresentano, come è ovvio, la fanteria che, marciando a piedi, fa un solo passo per volta. Le due torri rappresentano le torrette che si usava mettere sopra gli elefanti che, proprio per la loro grossa mole, non cambiano facilmente direzione. La cavalleria è chiaramente simboleggiata dai due cavalli, mentre gli alfieri rappresentano due nobili guerrirri, forti e rispettati. Il re si muove di una sola casella per volta, mentre la regina, simboleggiando il potere conferito dai sudditi al re, può muoversi come e dove vuole.
  
 • La storia
  
 Gli scacchi furono introdotti in Occidente dagli Arabi e, durante l’intero Medioevo, conquistarono una sempre maggiore popolarità, essendo spesso presenti in opere letterarie, mosaici, dipinti. Spagna ed Italia si contesero l’egemonia scacchistica del XVI e del XVII secolo: la prima con il prelato Ruy Lopez de Segura, inventore della celebre Partita Spagnola; la seconda con i calabresi Leonardo da Cutro e Gioacchino Greco.
 Nel Settecento il punto di riferimento era costituito dalle Accademie, dove si fecero apprezzare per la loro bravura Del Rio, Lolli, Ponziani, esponenti della scuola modenese. Molto importanti per lo sviluppo del ‘nobil giuoco’ furono poi i Caffè, fra cui il ‘Café de la Régence’, frequentato da letterati e filosofi come Voltaire e Rousseau, grandi amanti degli scacchi, che aprirà la strada a François Philidor, scacchista e musicista di grande fama, ed al grande astro americano Paul Morphy, fugace meteora del mondo delle 64 caselle.
 Solo verso la seconda metà dell’Ottocento ebbero luogo i primi grandi tornei e le prime sfide per il Campionato del Mondo che vedranno prevalere, per il trentennio cha va dal 1866 al 1894, il boemo di origine israelita Wilhelm Steinitz. A lui fece seguito il tedesco Emanuel Lasker, campione del mondo per 27 anni, oltre che insigne filosofo e matematico. Soltanto sei anni durò il regno del cubano Josè Raul Capablanca, autentico virtuoso della scacchiera, che venne sconfitto da Aleksandr Alechin, forse il più grande scacchista di tutti i tempi.
 Dopo la morte di Alechin avvenuta nel 1946, lo scettro restò saldamente in mano agli esponenti della formidabile scuola scacchistica sovietica, interrotta soltanto nel 1972 a Reykjavik, dove Boris Spassky fu costretto ad arrendersi alla furia scatenata dell’americano Bobby Fischer, figura eccentrica e mitica allo stesso tempo, ritiratosi dopo la conquista del titolo, che risulta essere attualmente conteso da due russi: Anatolij Karpov, succeduto a Fischer nel 1975, e Garry Kasparov, più volte vincitore di Karpov. Dietro di loro una marea di giovanissimi di tutte le nazionalità: il russo Kramnik, l’ucraino Ivanchuk, l’indiano Anand, l’americano Kamsky, gli inglesi Short ed Adams, ma soprattutto la giovanissima ungherese Judith Polgar, appena ventenne e Grande Maestro Internazionale, capace di stroncare in un incontro persino l’ex campione del mondo Spassky.
  
 • La situazione nel nostro paese
  
 L’Italia resta a guardare. È ancora troppo presto per poter ambire a simili risultati, ma alcuni progressi si sono registrati negli ultimi tempi: l’entrata nel C.O.N.I. è stato il primo passo cui sono seguiti l’istituzione di un valido settore giovanile, di un Campionato Italiano a squadre, suddiviso in serie sul modello calcistico, e di una serie di importanti tornei internazionali.
 

Appendice: quanti sono i chicchi di grano?
  
 Il numero N di chicchi di grano chiesto dal bramino Sessa è pari a
  
 N = 1 + 2 + 2^2 + 2^3 + … + 2^63 .
  
 Per esplicitare il suo valore, si moltiplichi la precedente relazione per 2, in modo che si possa scrivere
  
 2 N = 2 + 2^2 + 2^3 + … + 2^64 .
  
 A parte il termine 264, tutti gli addendi di questa nuova somma rappresentano proprio la quantità N – 1, vale a dire
  
 N – 1 = 2 + 2^2 + 2^3 + … + 2^63 .
  
 Confrontando, allora, le ultime due relazioni scritte, si conclude facilmente che
  
 2 N = N – 1 + 2^64 .
  
 Risolvendo rispetto all’incognita N, è possibile, in definitiva, scrivere che
  
 N = 2^64 – 1 = 835919245474712551424 .