Mi affaccerò
nelle sere d’inverno
alla finestra dei
miei ricordi per
ammirare il girotondo
delle dodici sorelle,
che allegramente
si danno la mano
sullo sfondo di un
mare turchino.

Mi inebrierò
con la spuma di un
mare giocondo,
e sulle ali
di fumi salmastri,
contemplerò
dalle acque emergente
la nascita
di una nuova Afrodite:
il lento giuoco dei fianchi,
il groviglio di alghe fluenti
sopra due occhi
turchini splendenti.

Aspetterò
il riposo del sole
per l’appuntamento
voluto da Dio,
quando gli amici si danno convivio
per rinnovare la loro
promessa di pace.


Sulla spiaggia di
tamerici imbandita,
consumeremo
l’antico pasto,
dove la vite e l’olivo e il latte cagliato
rinnovano ancora
un’immutata alleanza
tra l’uomo e la terra.

E quando i colori
già volgono al rosa
e spente le luci
delle rocce abbaglianti
e dietro il confine
un indaco manto
dà riposo allo sguardo;

E quando la terra
già allarga le braccia
per apprestarsi
a cantarti
la sua ninna nanna
sotto un cielo
di stelle splendenti;

Rivedrò
il tuo volto sereno,
le labbra lucenti
in un dolce sorriso
allentate
e un tenero sguardo
riversarsi nel mio;
risentirò sulla pelle
rugosa dal sole
il balsamo felice
delle tue mani.

E quando l’acqua
si tinge d’argento
per l’apparir
della Luna signora,
riascolterò,
portate dal vento,
le voci degli antichi eroi.
E solo ora
io potrò capire
l’unico fallo
dell’invitto Ulisse,
quando, di Penelope
in atteso talamo,
appese le armi
per la dea Calipso.

E mentre il mio volto
è rigato dal pianto,
intento ancora
a fissare i ricordi,
sento una mano
di donna, già amica,
accarezzare la mia e
un soffice manto
di riccioli biondi
asciugare le lacrime
sul mio volto.