Ognuno ha le sue piccole, recondite perversioni che solo uno psicologo potrebbe chiarirci. Io ad esempio detesto, sin da giovane, ricevere soldi in mano come compenso di una mia prestazione professionale. Forse ero nato medico della mutua già nella configurazione del DNA. -“ C’è lo stipendio in banca”- è stato per anni l’avvertimento del collega amico. Poi, oggi, con internet, basta un clic. Il denaro guadagnato non lo vedi. Ciò non toglie che non mi sia capitato di ricevere l’onorario dalle mani  di un malato o di un suo famigliare.
L’imbarazzo è stato sempre il medesimo, non si è attenuato con gli anni. Forse perché ritengo la mia professione non strettamente legata alla ricompensa economica, anche se vivere pur si deve. Una sopravvalutazione senz’altro dell’atto medico. Troppi libri di Cronin da ragazzo. Non saprei spiegarlo. Ma quando arriva quella frase tremenda: -“Quant’è, dottore?” provo un disagio psico-fisico. Mi è stato molto più facile negli anni lasciare stupito il paziente con un: ”-Lasci perdere”- che pronunciare ad alta voce un numero particolare di monete. Se l’ho fatto, quegli istanti mi sono sempre pesati. Scorgere sul volto del paziente l’equità di una ricompensa non è semplice.
La ricerca della moneta in casa. Il tempo si dilata. Tu stai quasi fermo con la mano moralmente aperta, come un poveraccio. La famiglia che si sperde per le stanze, voci sottomesse ed arrivano i soldi. Solo in alcune famiglie vengono introdotti in una busta, il più delle volte ti vengono dati in mano. Se sei di educazione antica, pronunci :”-Grazie!”- Ma con questo suono, rovesci la situazione. Mentre deve essere il malato a ringraziarti per la salute che cerchi di dargli, ora sei tu che “ringrazi” perché ti hanno pagato la tua prestazione. Sei pari al malato ora…sei sulla stessa scala di valori. Lui ti ha comprato una tua prestazione. Anche le puttane della Domiziana vivono questo momento, mi dico.
Metterli nella prima tasca che ti ritrovi addosso, appallottolati, incontati. Poi l’oblio del momento copre tutto, torna il sorriso, i convenevoli, i saluti e via giù dalle scale.
Ma non dimentichiamo l’ambiente che mi ospita, Rione Sanità che comprende il ricco camorrista e il povero vero. E a quest’ultimo se sei un essere umano, non puoi chiedere nulla. Ma non tutti siamo uguali. Anni fa un collega si creò una guardia medica personale in collegamento con amici del 113. Per cui rispondeva alla chiamata telefonica: “Vengo, ma cominciate a mettere sul comodino cinquantamilalire”.- (anni fa). Gli bruciarono la Mercedes. Ricordo che una notte portò via ad un mio paziente due bombole di gas domestico, al mancato reperimento di soldi.
Sono giunto a queste considerazioni rivivendo oggi uno di questi momenti.
Mi sono venuti a chiamare in ambulatorio.
-“C’è un ragazzo che sta male, ha la febbre altissima, è una visita privata” Questo aggettivo viene aggiunto per una scarsa stima verso la classe medica. Sembrerebbe che a questa sonorità il medico risponda con una maggiore lena. La visita era nel palazzo affianco, all’ultimo piano. L’arredo modesto, anzi modestissimo, quasi annegato nella grandezza delle camere di un vecchio palazzo. La moglie con un bimbo piangente in braccio mi ha condotto verso una branda dove sotto vari strati di coperte c’era il marito, un ragazzo sulla ventina. La febbre e i dolori coprivano una banalissima influenza. Poche azioni da parte mia. La ricetta redatta in piedi, in quanto sedie nelle vicinanze non ne scorgevo. Il momento della ricompensa è arrivato anche questa volta.. Mi guardo intorno: la tappezzeria che si stacca a pezzi. “ Che faccio? lo chiedo l’onorario a questi poveracci?”- Butto una cifra irrisoria, da denuncia da parte dell’Ordine. La moglie si aggira per la casa, apre cassetti e li chiude in fretta. Attendo un tempo infinito.
“ Angela ! Li hai trovati?” – urla il marito dal letto. I soldi arrivano in fine ed esco. Mentre sto scendendo i primi gradini, la porta si riapre e appare il volto serio della ragazza, il bambino urla sempre.
“Dottore, ma Gigino con quella febbre che tiene, è in condizioni di portarci domani a Eurodisney a Parigi? Ditecelo voi, per piacere…che non è cosa .”-